Gli studenti occupano uno spazio abbandonato da anni dall'Università di Parma
Si scrive sciopero, si urla democrazia.
Questo è stato lo slogan che abbiamo usato per lo sciopero generale, lo abbiamo scelto perchè sintetizza tutto ciò che per noi questa giornata rappresenta.
Una voce solitaria è flebile e ignorabile, ma migliaia di voci che si uniscono in un coro e gridano la propria rabbia, la propria indignazione, le proprie necessità e i propri desideri non possono restare inascoltate.
Il 6 maggio non rappresenta un punto di arrivo. E' solamente un nuovo punto zero, da cui ripartire ricchi delle lotte del passato, ma soprattutto forti dell'apertura di un varco per il nostro presente e il nostro futuro. Un'occasione che non può e non deve essere regalata a nessuno. Che sappia far emergere con vigore le istanze sostenute da tutte quelle fasce colpite da decenni di politiche di asservimento alle logiche del profitto e della mercificazione, che hanno aperto uno squarcio nel tessuto sociale, impiantando in esso il seme della diguguaglianza, della frammentazione e dell'isolamento.
Abbiamo capito di non essere più autosufficienti, che questa crisi sistemica colpisce tutta la società, quindi la vera risposta forte che si può dare è unirsi e cercare di combatterla. Per questo motivo oggi siamo scesi in piazza tutti insieme: studenti, precari, non garantiti, operai, comitati che difendono i beni comuni e ambientali, tutti coloro che sono stanchi di essere vittime di questo sistema e hanno deciso di diventare parte attiva, intraprendendo un cammino che porti ad un cambiamento.
Lo sciopero precario deve intervenire sullo spazio e non solo sui tempi, laddove decenni di speculazione sulla nostra pelle hanno eroso sistematicamente i nostri diritti e la nostra dignità. In cui la gestione pubblica si è resa complice, alla stregua del privato, della sottrazione messa in atto a spese della possibilità di accesso collettiva ad un'esistenza dignitosa.
Ci hanno lasciato un'eredità fatta di precarietà. Precarietà per noi studenti che, non solo vediamo sgretolarsi il nostro diritto allo studio, ma siamo costretti ad alimentare il mercato del lavoro part-time e sommerso per riuscire a pagare un affitto sporpositato e sopravvivere. Precarietà per gli operai, che vengono costretti a rinunciare a dei diritti conquistati negli anni con il più bieco dei ricatti. Precarietà dei migranti, che vedono sfumare qualsiasi possibilità di un futuro migliore.
Ci hanno lasciato un'eredità fatta di debiti e cambiali ottenuti defraudando ogni aspetto della nostra vita e della natura solo per garantire la sopravvivenza ad un sistema sull'orlo del collasso.
Quest'eredità non ci piace e, tanto meno, ci soddisfa, quindi sta a noi cambiarla, sta a noi creare un'alternativa che parta dal basso, che riconquisti terreno in termini di diritti e democrazia, che parli di rivoluzione, intesa come trasformazione. Un'alternativa capace di creare uno spazio comune e condiviso, che ponga alo centro della propria attenzione il conflitto sociale e la democrazia.
Siamo scesi in piazza perchè non accettiamo di essere vittime, di farci condizionare dalle regole di un gioco che mortifica le possibilità democratiche, consapevoli che l'unica via d'uscita concreta sia il cambiamento: non si parla di grandi azioni, si tratta di cominciare da quello che ci circonda, dai nostri desideri, che spesso di traducono direttamente in bisogni.
Proprio cominciando da noi stessi abbiamo trovato una soluzione alternativa che rispondesse alle nostre necessità e ai nostri desideri: ci siamo riappropriati di uno spazio che l'università ha dismesso da tempo, uno spazio vuoto lasciato a se stesso e al degrado.
Ci riappropriamo di uno spazio con l'obiettivo di renderlo spazio di condivisione di esperienze, confronto collettivo e sedimentazione di pratiche e prospettive per la costruzione di alternativa. Frammento di cooperazione sociale in cui i saperi circolano liberamente, una pratica non brevettabile e costitutivamente contraria a ogni copyright. In cui sia possibile sottrarsi alle forme di ricatto sociale e lavorativo, creando progetti di autorecupero e di autoreddito, mediante i quali la dimensione lavorativa si possa congiungere con una declinazione delle proprie aspirazioni.
Abbiamo deciso di dare vita ad ART LAB, uno spazio che sia al tempo stesso esperimento di pratica di un' alternativa concreta e ridefinizione delle nostre soggettività, un percorso di autodeterminazione che ci ponga al di fuori dell'identità di meri consumatori, riconquistando il nostro diritto ad essere amministratori consapevoli ed informati del bene comune, trasformando le fabbriche della paura in fabbriche della dignità! Un posto dove sperimentare una nuova concezione di società, di democrazia, di condivisione.
ART LAB sarà un luogo sicuramente vissuto dagli studenti ma che speriamo si arricchisca anche di realtà differenti. Siamo convinti che la diversità sia fonte di ricchezza, che dal confronto nasca la crescita, per questo invitiamo tutta la cittadinanza ad attraversare questo spazio, per costruire insieme un'alternativa.
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